[SOCIETÀ] l'Italia e gli shojo manga: c'è un effettivo problema?



Che l'Italia sia un Paese maschilista non è una novità; nelle ultime ore il dibattito ha coinvolto il mondo dell'intrattenimento (quello dei fumetti, nello specifico), perché sul web è rimbalzato un po' ovunque un post, scritto da una lettrice, che denuncia una particolare situazione.
L'editoria italiana di manga tiene davvero conto delle ragazze?



Sembra una domanda strana, se pensiamo che il primo boom tricolore di anime e manga, quello esploso alla fine degli anni Settanta, era egualmente diviso tra robottoni e orfanelle.
Due macro-categorie che in realtà finirono per circoscrivere, più chiaramente, due target: per maschietti e per femminucce.
Anche se probabilmente non era quello l'intento.
Non scandalizziamoci: era così, funzionava così e ancora oggi la distinzione è netta (pensiamo ai giocattoli).
Riporto parte del messaggio originale (qui la fonte):

Abbiamo un problema con i prodotti a target femminile. Già dagli ospiti al Lucca Comics avevamo capito che sarebbe stata un'edizione fortemente maschiocentrica (e quando mai?), ma gli annunci dei titoli manga in arrivo nei prossimi mesi hanno confermato la tendenza: pochissimi shojo, qualche sparuto boys love per nutrire la nicchia di fedelissimə, un solo yuri (storie d'amore tra ragazze). Per il resto, solito mare di shonen e seinen triti e ritriti.
C'è un josei, Pet Shop of Horrors. Però tutti si affrettano a sottolineare come sia talmente bello da 'superare il target d'appartenenza', ovvero le donne adulte.
Perché alla fine un prodotto destinato agli uomini è considerato universale, mentre se è per donne ha bisogno di 'trascendere il target' per risultare vagamente interessante. O meglio, perché un uomo decida di comprarlo. E a volte non basta nemmeno quello, visto che autrici che hanno fatto la storia del manga sono ancora inedite in Italia. Se solo sapeste che c'è tanto altro nei manga per ragazze oltre ai primi turbamenti d'amore tra i banchi di scuola... 



Messaggio che porta a galla diversi spunti su cui riflettere.
Innanzitutto, bisogna fare un salto nel passato: com'erano percepiti i manga a target femminile?
Ricostruendo la storia degli shojo manga/anime (QUI il post) salta all'occhio che l'editoria italiana ha iniziato la pubblicazione di materiale giapponese proprio con storie più "rosa" (mi si conceda questa semplificazione estrema, ma è appunto per essere immediati).
Pensiamo a Georgie, a Candy, a Lady Oscar.
All'epoca il problema non c'era. Sulle stesse riviste, convivevano persino personaggi dal target opposto (vedasi gli "spaghetti manga" dei magazine come «Cartoni in Tivù»).
Nell'ingenuità degli esordi, tutti potevano leggere o guardare tutto.
Tanto l'accusa era generica: le opere giapponesi sono violente e diseducative, troppo "cariche" di emozioni forti. Che siano fantascienze o tragedie famigliari.






Un'intera generazione è stata cresciuta da «Bim Bum Bam», «Ciao Ciao» e spin-off vari, che sotto l'impronta berlusconiana proponevano solo cartoni animati molto neutri quando non spiccatamente femminili (c'era un motivo preciso dietro questa scelta di palinsesto, ovviamente).
E anche quando questi erano tratti da manga per ragazzi, non era raro che avessero delle donne come protagoniste (vedi Occhi di Gatto).
Ma appunto, Kiss me Licia, le maghette (da Creamy in poi) e tanti altri titoli erano sicuramente più rosa che azzurro.
Sui canali regionali proseguiva la trasmissione di tante serie maggiormente maschili (spesso anche crude e violente) ma anche lì non mancavano anime con elementi da soap.
Eppure una spaccatura iniziava a esserci, proprio in questi anni così colorati.





La questione è molto semplice, anche se probabilmente sottile.
Se a un bambino maschio viene detto che guarda/legge/fa cose "da femmina", è un bel problema.
Problema minore al contrario, ossia se a una bambina viene detto che guarda/legge/fa cose da maschio.
Arriviamo agli anni Novanta.
Sailor Moon è stato il simbolo di una nuova (pre)invasione di opere giapponesi ma anche un prodotto commerciale fortissimo, presumibilmente fruito anche da tanti maschi.
E lì, se ricordate, ci fu anche un caso sociale con psicologi e isterie varie (ne abbiamo parlato QUI).





Da qui -e non solo da qui- deriva la descrizione che si fa di Pet Shop of Horrors: così bello che supera il target a cui è originariamente destinato.
Perché doverlo sottolineare?
Si entra anche, forse, in una questione più spinosa, a due strade. Si è indotti a pensare (chissà perché) che i prodotti a target femminile non possano essere universali. Ossia, che non possano piacere davvero "a tutti", ma solo alle ragazze (e se piacciono ai maschi, è un problema: vedi sopra); inoltre, al contrario, i prodotti a target maschile possono intrigare chiunque.
Su questa cosa avrei un aneddoto da citare: quando giocavo con le mie action figures dei Masters, due amiche dimenticavano le loro Barbie e si fiondavano su He-Man, Skeletor e soci.
Ma se restiamo in Giappone, in sostanza Dragon Ball piace a tutti. E la questione vera è che non c'è problema se una bambina lo guarda/legge.
Ma perché tutto questo? Dove finisce la verità e dove inizia la paranoia?






Contemporaneamente al successo in Tv di Sailor Moon, l'editoria italiana provò a riproporre shojo manga, ma... ecco che lo stesso pubblico italiano sembrava essere aprioristicamente ostile al genere.
"Amici... di chi?" si leggeva contro la testata («Amici», appunto) Star Comics, che conteneva ben quattro manga "per ragazze".
Senza contare gli strali di alcuni girellari (probabilmente rimasti fermi, mentalmente, su quei canali regionali citati poc'anzi) contro la stessa Sailor Moon...
Per fortuna l'assurdo scoglio fu superato, e come in televisione (dopo Bunny arrivarono, tra gli altri, Un fiocco per sognare, Terry e Maggie, ma anche commistioni come Rayearth, per non parlare di Card Captor Sakura, Rossana e altri...) anche le edicole tornarono a riempirsi di titoli a target femminili, che fossero legati a serie televisive o meno.
Il pubblico iniziò ad apprezzare shojo, josei, storie d'autore.
Le stesse ragazze, per per diversi anni avevano snobbato questa forma di intrattenimento (fumetti, videogames, giochi di ruolo: cose da maschi nerd sfigati!), ora scoprono una nuova possibile passione di cui non c'è motivo di vergognarsi.






La cosa continuò per un po'.
Poi sappiamo che manga e anime hanno vissuto una flessione, tra crisi televisive e titoli sempre meno potenti. Tornarono a essere di nicchia, in attesa di una nuova moda (che infine è riesplosa, durante la pandemia).
È assurdo pensare che certi grandi titoli shojo (peraltro di grande valore storico-fumettistico, come alcuni fumetti di Moto Hagio o Il poema del vento e degli alberi) siano giunti da noi solo in anni recentissimi, appena prima del nuovo boom.





Le lettrici esistono, ma forse leggono altro?
Preferiscono storie che gli shojo non garantiscono più?
È un mercato che non fa grandi numeri (se funzionasse, chiunque si butterebbe sui prodotti a target femminile, dopotutto)?
Oppure semplicemente manca proprio una spinta, una sinergia che non stiamo più vivendo?
Prima c'era la Tv a poter aiutare, a fare da traino; oggi questa forza è venuta a mancare e a risentirne è probabilmente il target commercialmente più debole, che non trova spazio in questo mondo liquido.
Le lettrici sognano comunque i bei tipi, di qualunque manga e target essi siano; sembra essere richiesto il sottogenere shonen'ai.






Il Giappone (che per primo targettizza ancora molto ogni opera che produce...) cosa propone?
Il pubblico vuole soap opera o storie mix (col genere sportivo, col fantasy, ecc...)?
Sono richiesti shojo manga del passato oppure opere attuali? È davvero necessario differenziare il target?
Tutte domande che anche gli editori si porranno in continuazione.
Ma che ci sia, in tutto questo, uno scoglio sociale, è in parte vero.

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17 commenti:

  1. Non che abbia proprio mai seguito "Sailor Moon" con la passione dei fan, però quando passavo in tv lo guardavo anche perché era un ottimo modo per godersi le gambe chilometriche delle guerriere Sailor, alla faccia dell'articolo di giornale. Per il resto a parte le mie caSSate, ottima analisi sull'argomento ;-) Cheers

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    1. Ma è ovvio: tante cose sono comunque fan-service, spesso fatte passare come naturali (ma chi lo sa, sa bene che è anche un po' voluto)^^

      Moz-

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  2. Ciao Moz,
    a guardare i trend su Tik Tok e Reels, molti shonen vengono letti anche da ragazze.
    Che poi ci sia una così netta minoranza di shojo mi lascia un po' basito, poiché sembra che si vada indietro più che progredire.
    Ricordo che quando leggevo manga, c'era una nutrita schiera di shojo, ed alcuni di essi li ho anche leggiucchiati anch'io.
    Penso a Nana, Proteggi la mia terra, Mars che hai citato anche tu, ma ce n'erano numerosi altri.
    La mia idea è che ce ne siano, ma che ci sia una sproporzione dettata dal fatto che i prodotti più commerciali hanno fin troppo risonanza, ed i creator parlano soprattutto di essi per questioni di engagement.
    C'è un certo maschilismo?
    Sui social non traspare, ma se guardiamo i content creators di riferimento per quel che concerne i manga, mi spiace dirlo, ma quelli che attirano lettori, sono tutti youtuber e streamer maschi, che però ho visto ed ascoltato anche parlare di shojo, ogni tanto.
    Le poche volte che vado in fumetteria, comunque vedo ancora interi reparti dedicati agli shojo.
    Evidentemente manca un prodotto che faccia presa sul pubblico di massa.

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    1. Sicuramente manca qualcosa di epocale e fortissimo come, esempio Lady Oscar, Sailor Moon o Utena.
      Non so perché non riescano a imporsi content creators ragazze (io un paio ne conosco, a dire il vero)...

      Moz-

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  3. I titoli universali (il citato Dragon Ball, ma anche Naruto, Berserk, One Piece) trovano sempre un modo per arrivare a tutti. Sì anche Berserk. Nessuno - nel mio limitato specchio di realtà - punta il dito contro chiunque se leggono Berserk, a meno che non siano ottusi ovvio, ma lì occorrerebbe ignorarli. Occorrerebbe applicare la stessa mentalità anche agli altri prodotti che non riescono a diventare universali e a mio avviso occorre che siamo noi i primi, ignorando quelli che puntano il dito di cui sopra e trattando la lettura di qualsiasi opera come un atto ordinario.

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    1. Assolutamente.
      Siamo noi fan che per primi dovremmo non farci alcun problema, in primis, e poi provare a cambiare le cose dall'interno.

      Moz-

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  4. Per me c'è un problema nello shojo di base, perché pure se guardiamo a livello globale la classifica dei manga più venduti al mondo, sono quasi tutti shonen e seinen.
    A me sembra che oggi manchi proprio uno shojo di punta com'era all'epoca Sailor Moon.

    Il fatto che si vogliano così tante riedizioni di opere del passato per me è sintomatico: com'è che per lanciare un nuovo shonen di successo si trova sempre da pescare, mentre per lo shojo si va sempre sulle riedizioni e sul vintage?

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    1. Esatto, anche in Giappone manca qualcosa di forte, che faccia da traino. Pure le ragazze preferiscono storie "maschili" (madonna che brutti termini XD), piene di emozioni magari più muscolari, sempre unite al sentimento.
      Forse sarebbe ora di abbandonare i generi e i target, dopotutto oggi nemmeno le soap sono più cose femminili (direste mai che Un posto al sole è roba da donne/casalinghe?).

      Moz-

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  5. Io guardavo pure i cartoni di quel genere, tipo "Il magico mondo di Gigi" e "Ransie", non perdevo un episodio. Penso che se un cartone piace... piace, punto. Deve per forza essere guardato solo dal suo target di riferimento?
    Se le ragazzine preferiscono vedere "Attack on Titan", come giustamente dici, che problema c'è? Quando verrà fuori uno shojo che "spacca" lo guarderanno in massa (insieme a tanti ragazzini che forse guarderanno di nascosto, ma guarderanno pure loro ;-)

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    1. Ecco, è questo il problema: perché devono guardarlo di nascosto, i maschietti?
      Cioè, quanti maschi guardano le nuove serie delle Pretty Cure? Il problema è proprio lì ed è duplice, perché oltre a ciò che ho detto nell'articolo, c'è anche il fatto che evidentemente un prodotto femminile è marcatamente tale, vuole NON essere universale, in qualche modo.

      Moz-

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    2. "Quando verrà fuori uno shojo che "spacca" lo guarderanno in massa (insieme a tanti ragazzini che forse guarderanno di nascosto, ma guarderanno pure loro ;-)"

      Tipo My Little Pony? XD

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  6. "Perché alla fine un prodotto destinato agli uomini è considerato universale, mentre se è per donne ha bisogno di 'trascendere il target' per risultare vagamente interessante. O meglio, perché un uomo decida di comprarlo."

    Se la situazione è quella descritta, forse ci si dovrebbe domandare quante ragazze comprino regolarmente fumetti, quali acquistino e perché.
    Dubito che siano poche: in fumetteria ne vedo molte e anche giovani (sono relativamente rare le donne sopra i 40) ma ammetto che non lo si possa considerare un campione attendibile, per quel che ne so, forse è normale solo per Cagliari. Ne dubito. :P
    Ah, e fino a prova contraria, sono un uomo, ma questo non mi ha mai impedito di comprare uno shojo, ogni volta che ne ho trovato uno di mio interesse, alla faccia del "trascendere il target"! ^^

    In generale, credo che shojo e shonen sia una classificazione poco efficace; già ai tempi di Sailor Moon (marcato come shojo, ma con un elemento "per ragazzi" forte, cioè le dinamiche super sentai) le caratteristiche rivolte ai due pubblici erano presenti in entrambe le storie: ragazzi fighi e belle ragazze, elementi di mistero e avventura, storie d'amore, fan service grafico a base di pelle esposta... cambiavano solo le proporzioni e forse negli shonen si va un po' più pesanti con l'elemento "ecchi", l'erotismo facilone per adolescenti.
    Vorranno mica quello, le lettrici? XD

    E non credo che gli editori italiani nutrano poco interesse per gli "shojo": qualcuno venderà bene, qualcuno male, ma mi sembra che ci siano sia molte novità che parecchie riatampe e riproposte.
    Già solo la Star ha ristampato Creamy, Cardcaptor Sakura (più seguito, Clear Card) Miracle Girls, la stessa Sailor Moon, spesso con edizioni lussuosette, che magari tradiscono una tiratura contenuta, ma mostrano anche una cura molto alta.
    La JPOP, poi, ha scommesso non poco su Moto Hagio e altre autrici sue coetanee, come la Takemiya...
    Persino la Sprea, fresca nella sua avventura coinmanga, un po' di "shojo" se li è concessi!
    Non mi sembra esattamente il clima idiota di fine anni '90, coi dettattori degli shojo e Amici di chi (mai conosciuto personalmente chi schifava maghette e simili, ogni tanto, magari, gente che proprio non era interessata alle storie giapponesi).

    Credo che, almeno da noi, si dovrebbe mollare la marcatura shojo/shonen: non molto efficace in Giappone, figurati quanto lo può essere da noi... nonostante le cazzate della Slepoj negli anni '90, non ricordo (ai tempi della scuola) che ci fosse un bambino che non guardasse Creamy e una bambina che non guardasse Mazinga!
    Penso che sarebbe meglio pubblicizzare le storie per i loro contenuti, anziché sulla base della demografica a cui si rivolgevano le riviste che ne ospitarono la prima pubblicazione in Giappone!

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    1. Forse è che mancano titoli nuovi, non sempre si può guardare al passato.
      Vero che Sailor Moon l'abbiamo letto e visto tutti, ma quanto era problematico per un ragazzo?
      La questione è che una cosa femminile NON è universale, mentre una maschile sì. Non si sa perché.
      O meglio, i motivi si saprebbero pure, e sono diversi.

      Moz-

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  7. Tra la Slepoj con Sailor Moon che ti tira fuori gli estrogeni e Maria Rita Parsi (con Rayearth e le ragazzine che maneggiano fallici spadoni) è una gara a suon di psico-professionisti che dovrebbero scusarsi da qui fino al prossimo decennio XD
    Ci manca solo la De Mari, ma lei è più interessata a spararla grossa sull'omosessualità :P

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  8. Se la Slepoj (e la Parsi) abbiano mai chiesto scusa (i loro discorsi sarebbero oggi censurati, le toglierebbero dall'Albo, immagino) non lo so... però sì, cose figlie del loro tempo, più da giornalettismo che da reale mestiere, penso.
    Gravo, che dire... io per esempio mai andato cauto con niente, nel senso: vedevo e leggevo tutto.
    Certo mi faceva strano vedere che per il manga di Rossana ci fosse quel rosa così acceso (che no non è un colore e basta: sappiamo bene perché lo hanno messo. Il rosa della costola di uno dei Berserk Maximum è un colore e basta).
    Però ecco, sempre visto e letto tutto. Ma è pur vero che ogni tanto lo spettro del "sono cose da femmina" aleggiava... Mentalità sbagliata.

    Moz-

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  9. Beh anzitutto tu quando dici shojo che tipo di storia e di manga ti immagini?
    Tiro a indovinare: quando dici shojo tu pensi alle serie di maghette, magari un po' più emozionanti come Sailor Moon e Rayearth. Beh quel tipo di manga semplicemente non esistono più. Il genere delle maghette si è estinto e rimangono solo le Pretty Cure (per quel che ne so quello è solo anime ma non sono un fan quindi magari sbaglio).
    Oggi gli shojo sono praticamente solo storie d'amore e, per quello che ho potuto notare, in occidente (Italia compresa) quelli gli leggono principalmente i ragazzi. Me compreso, visto che sono il mio genere preferito. Le ragazze non sembrano interessate a quello per cui, in teoria, dovrebbero essere il target principale. Invece la maggioranza di loro preferiscono leggere Demon Slayer, My Hero Academia o l'Attacco dei Giganti piuttosto che My Dress Up Darling, Komi Can't Communicate o Love After World Domination.
    Credo sia un effetto collaterale della chiamiamola contro-cultura maschi-femmine: per molto tempo, si è dato per scontato e imposto il pensiero che certi tipi di storie sono per maschi e certi tipi di storie per femmine. Il vecchio canovaccio: i maschi giocano con He-Man e le femmine con le Barbie! Questo ha spinto le ragazze, per riscattarsi, ad avvicinarsi ai generi di solito considerati maschili. E, di riflesso, almeno questa è la mia teoria, si è sviluppato invece un tabù nei confronti di quello che è visto come stereotipicamente femminile. E' lo stesso motivo per cui non vanno più di moda le Principesse Disney (a meno che non siano modello "emarginato" e "modernizzato" alla Frozen).
    C'è da dire, comunque, che una volta gli shojo erano molto, molto più variegati. Mi viene in mente uno dei miei anime preferiti: Escaflowne. Nasce come shojo ma è una delle opere più profonde e significative che abbia mai visto, con numerosi richiami e significati filosofici e morali. Se uscisse oggi, verrebbe classificato come seinen, ci scommetto quello che vuoi...
    Comunque: ben ritrovato Miki! Tutto bene? :D

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  10. Sinceramente non ho capito la polemica, non seguendo manga o anime moderni. Se davvero mancano shojo, dico che è un fallimento. Dei vecchi anime spesso ho preferito quelli indirizzati alle ragazze. Ma noi che siamo cresciuti negli anni 80 e primi 90, eravamo una generazione unisex, roba che oggi te la vorrebbero imporre ma non si sono inventati nulla di nuovo. Io alternavo Masters a Barbie (con sorella e cugina), senza problemi.
    Anche le maghette ma io preferisco quelle più datate (Lo Specchio Magico, Bia, Chappy).

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