[SERIE TV] Cobra Kai 6 - la recensione finale (no spoiler)

 

Cobra Kai è finito per sempre: l'appuntamento fisso che - da qualche anno a questa parte - è riuscito a mettere insieme miracolosamente diverse generazioni di spettatori, giunge al termine con gli ultimi episodi di una stagione memorabile.
La serie Netflix (precedentemente YouTube Red) non è solo un esempio di unione transgenerazionale, ma anche di ottimo desteggiarsi in un ambiente pericolosissimo: quello dei sequel/reboot/remake/requel di cult anni '80...


L'idea iniziale di Cobra Kai era clamorosa: andare a ripescare gli antagonisti di Karate Kid per raccontare la loro visione del mondo; un mondo che, abbiamo scoperto, è stato duro e senza pietà, con poche possibilità di riscatto. Ma non era una giustificazione (tanto che, per diversi personaggi e i loro comportamenti, la serie non vuole trovare giustificazioni di sorta che possano riabilitarli: ci sono cattivi che sono cattivi, antipatici che sono antipatici. Ed è giusto così).
QUI la recensione della stagione 5.

 



Cobra Kai era anche il riscatto di chi fu sconfitto nel 1984, con tutto quello che ne era conseguito in trent'anni. Johnny Lawrence, ex ragazzo vincente degli anni Ottanta, si ritrovava oggi come un fallito. Ma la vita dà sempre nuove occasioni, ribaltando le carte in tavola.
E così, da vero bad boy, un po' boomer e forse inadeguato alle usanze del mondo attuale, Johnny ha sgomitato riuscendo a imporsi e a imporre i suoi anni Ottanta a tutti. Ai ragazzini che ha allenato, alla nuova vita che gli si è parata davanti, agli spettatori vecchi e nuovi.




Contraltare, Daniel LaRusso: eterno rivale, fin troppo perfettino, troppo sicuro di sé nella sua vita agiata. Due facce della stessa medaglia, due persone alle prese con gli spettri dei propri maestri.
E qui Cobra Kai, nel tempo, si è evoluto: raccontandoci questi rapporti, queste alleanze, questi continui cambi di casacca (anzi, di karategi). Per tornare, alla fine, al punto di partenza.
Come giusto che fosse. Come era stabilito da sempre.




La sesta e ultima stagione chiude il ciclo e lo fa proprio come un serpente, o meglio un uroboro, perché (anche un po' a sorpresa) ci riporta in un ciclo unico dove/come/quando tutto è iniziato.
Nel 1984 (anno di Per vincere domani - The Karate Kid) e agli inizi di Cobra Kai stesso.
Ogni tassello va al suo posto per giungere alla migliore conclusione possibile, quella più soddisfacente e corretta. Verso il brand e verso tutti i personaggi, giovani e meno giovani (ma i meno giovani, come Johnny e Daniel, dimostrano di essere due eterni bambinoni).





Sospendere l'incredulità è necessario, come lo è sempre stato in tutta la saga (Miyagi allenò Daniel per poche settimane e costui vinse un torneo di karate contro degli esperti...).
In Cobra Kai tutto, a pensarci bene, è esagerato: i ragazzi imparano l'arte marziale in poco tempo, le cinture nere abbondano senza fare gli step necessari, il karate è l'unica ragione di vita per chiunque, le palestre sembrano essere attive sette giorni su sette a ogni ora (anche a discapito della scuola), e anche chi pratica da un paio di anni può iscriversi a un torneo mondiale di campionissimi.

La forza della messa in scena della serie, però, e anche le trame da teen drama che riguardano i giovani protagonisti, sono così dirompenti che tutto questo non solo passa in secondo piano, ma viene persino accettato come possibile, senza rischiare di diventare un fumettoso polpettone. Incredibile.
E questo perché, in Cobra Kai, traspare tutto l'amore per la saga di Karate Kid e per l'essenza degli anni Ottanta; essenza che nel folle mondo odierno risulterebbe per alcuni abbastanza fuori luogo, ma che Johnny Lawrence ci ricorda essere invece un'opzione ancora valida (e già di base inclusiva!) per affrontare la vita. Con grinta, senza fare sconti, prendendola di petto.


 

Lode ai produttori e agli sceneggiatori per aver scandagliato con dedizione ogni singola scena, ogni singola battuta di tutti i Karate Kid. Cercando rimandi, agganci, omaggi, citazioni. Costruendo su quelle frasi - all'epoca magari buttate lì - alcune puntate o addirittura intere storyline. Drammatiche o comiche.
Lode a chi ha saputo riportare in scena tanti vecchi personaggi, integrandoli con quelli nuovi a cui è impossibile non affezionarsi: Miguel, Robby, Samantha, Tory, Kenny, Devon, Eli, Demetri e tutti gli altri, che hanno colorato nel tempo ogni trama.
Creando, con Johnny e Daniel, ora parallelismi (ad esempio la costante ricerca di una figura paterna) o divergenze, ma sempre amalgamati alla perfezione come le diverse generazioni di fan.




Le ultime puntate sono commoventi e spesso catartiche; chiudono ogni cerchio (o quasi: ma quel che sembra restare più vago ha comunque una sua conclusione), fanno compiere ai personaggi la parabola definitiva che li porta verso nuovi capitoli di vita.
Tutto viene risolto, ovviamente spesso sul tatami: c'è da sconfiggere i vecchi fantasmi e i nuovi villain rappresentati dagli Iron Dragons, con la tiktoker Zara e l'ivandrago Axel, per non parlare del loro sensei, il maligno Wolf.




Tante le citazioni, da Rocky a Kill Bill; scontri all'ultimo sangue e diversi colpi di scena, per un finale dove la forza del passato ci ricorda che non tutto è perduto, e c'è sempre un'altra chance per chi colpisce per primo, colpisce forte e non ha pietà di questa vita che sa essere feroce e bellissima, inesorabile ed emozionante. Come l'adolescenza (e la seconda o terza adolescenza) di tutti i personaggi.

Questo Cobra Kai termina qui, definitivamente (?); intanto, nell'immediato, di certo ritroveremo Daniel nel nuovo Karate Kid: Legends, che canonizza persino quello che finora sembrava dovesse essere un remake da non tenere in considerazione, ossia il film con Jackie Chan del 2010.
Ma il serpente scalpita per tornare, chissà...
Certo dei punti oscuri ci sono: alcuni, come la figura del maestro Kim, sembrano risolversi più nel campo metaforico che effettivamente plausibile; altre questioni sembrano lasciate appositamente vaghe pur con una completezza (non è semplice fare ciò, ma ci sono riusciti), chissà perché.
Certi personaggi sembrano inoltre poter essere spendibili per un ideale futuro.




Cobra Kai potrebbe dunque essere giunto alla naturale conclusione: ma il Cobra Kai non muore mai.
Sono pronto a scommettere (e lo spero vivamente) che le sue spire ci avvolgeranno di nuovo, in qualche modo, tra qualche tempo.
Per ricordarci sempre di colpire per primi, colpire forte, senza pietà.
Ma anche con equilibrio.

Nessun commento:

Posta un commento

per lasciare un commento è necessario loggarsi col proprio account :)