[TV] censure: perché anime sì e cartoon no (o quasi)?



Nel precedente post sull'argomento (vedi QUI) si sono innescati interessanti dibattiti riguardo la censura televisiva operata sui cartoni animati giapponesi.
Con la domanda delle domande: perché in Italia gli anime venivano censurati e i cartoon americani/europei no?
Oggi proviamo a rispondere a questo quesito, facendo un viaggio nel tempo fino all'arrivo dell'animazione nipponica in Italia...

 

È passato tanto tempo da quando la Mediaset censurava i prodotti giapponesi; una pratica di cui troviamo ancora traccia nelle repliche delle serie che le reti mandano ancora in onda; una pratica che col tempo si è attenuata fino a sparire del tutto.
Oggi addirittura si cerca di reintegrare quel che prima era stato tagliato (vedi le ultime trasmissioni di Sailor Moon, È quasi magia Johnny...); i nuovi adattamenti sono più fedeli (la stessa Mediaset ha reintrodotto gradualmente, ad esempio, i nomi originali che prima aveva storpiato: vedi One Piece); le nuove serie trasmesse non presentano più censure e si cerca persino di recuperare titoli cult (Orange Road, YuYu Hakusho...).






Sono passati tanti anni anche dalle petizioni, dalle iniziative delle associazioni per la tutela delle opere d'arte d'animazione giapponese.
Oggi si può riflettere col senno di poi sul perché gli anime venissero censurati (QUI per approfondire); ma giustamente ci si chiede ancora perché i cartoni giapponesi erano sottoposti a questa fastidiosa pratica arbitraria e quelli americani (o europei, comunque occidentali) no.






IMPERATIVO VENDERE
Alla base di tutto c'è il fatto che bisogna vendere.
Una questione economica, che vale tanto in Italia quanto in Giappone.
Il paese produttore dell'opera ha tutto l'interesse di vendere la stessa ad altri mercati: l'Italia è uno di questi e di contro deve monetizzare sulla stessa opera che ha acquistato.
Specie se si tratta di una rete commerciale, come Fininvest/Mediaset appunto, e specie se alla base c'è tutto un piano di lancio del titolo, che prevede anche giocattoli, merchandising e prodotti abbinati (di altre aziende che si "associano" alla trasmissione televisiva).






Sembra brutale, messa così, ma solo se la guardiamo romanticamente dal lato artistico: in realtà i cartoni animati sono un prodotto di intrattenimento che deve piacere e spingere all'acquisto dei prodotti correlati, oppure garantire uno share di gente davanti alla televisione, ferma a guardare le pubblicità di altri prodotti.
Gli stessi giapponesi sono consapevoli di questo, tanto che arrivano a tagliare preventivamente alcune scene pur di "vendere meglio" i loro prodotti (vedi I Cavalieri dello Zodiaco, QUI).






GLI ANIME? MEGLIO DEI CARTOONS
Rispetto a tante serie occidentali, proprio gli anime hanno una marcia in più.
Anche quando smaccatamente per bambini, spesso e volentieri presentano un approccio molto diverso alla serialità: storie che iniziano e finiscono, continuity, regia accattivante e personaggi mai bidimensionali.
Ovvio che storie del genere attiravano di più il pubblico, specialmente fino agli anni '90, rispetto alla piattezza di tanti coevi prodotti americani/europei.
Dunque, i mercati non potevano fare a meno degli anime.







ANIMAZIONE? ROBA PER BAMBINI
Forse solo adesso si è finalmente superato il pensiero -ovviamente errato- che i cartoni animati siano un prodotto sempre e comunque destinato ai bambini.
Non ho nemmeno idea da dove possa essere nato un simile assurdo concetto, né perché; fattostà che in Italia ciò che era animazione significava essere automaticamente rivolto a un pubblico infantile.
E se larga parte dei prodotti americani rispondeva effettivamente a questa credenza, in Giappone le cose stavano diversamente: una storia è targettizzata in base a ciò che racconta e a ciò che mostra; il fatto che sia animata è solo un modo per esprimere la stessa.






Esistono dunque anime per bambini piccoli ma anche per ragazzini; anime per adolescenti e anime per adulti.
Ma, nel calderone italiano, visto l'appeal innegabile che queste opere esercitano sul pubblico, ci finiva di tutto.
Alle ore 16.00, su Bim Bum Bam. Anche ciò che in Giappone magari veniva trasmesso alle 20 di sera.





CULTURE DIVERSE, CULTURE DOMINANTI
Ma oltre questo, c'è comunque da fare una distinzione culturale: anche se l'opera giapponese avesse avuto lo stesso target di riferimento presso la platea italiana, molto probabilmente non sarebbe stata considerata adatta al 100% a questo nuovo pubblico.
Perché da noi la cultura dominante è, oltre quella catto-centrica e morigerata italiana, la rassicurante (e spesso "cazzona") cultura americana.






Abituati a questo, formati con la Disney, Hannah-Barbera, Warner Bros., Tom & Jerry o il nostrano Super Gulp!, non comprendiamo fino in fondo certi sottotesti di cui anche gli anime sono profondamente intrisi; e che, se da un lato ci sembrano delle figate che esulano dai soliti canoni occidentali, dall'altro non possono andar bene a chi monitora sulla televisione (vedi il Moige).
E, per estensione, nemmeno a chi la televisione la gestisce.





PER RAGAZZI, MA PER TUTTI
I giapponesi sono abituati a fare il bagno insieme; non è strano vederli girare mezzi nudi alle terme oppure in famiglia.
Un concetto così semplice che però esplica alla perfezione la differenza culturale tra noi occidentali e loro: in Italia c'è un forte senso del pudore ed è davvero sconveniente farsi vedere in topless.
A meno che non vi siano implicazioni sexy.




Ovvio dunque che scene quotidiane di bagni e docce rappresentano una stranezza difficile da gestire per gli adattori italiani; lo stesso possiamo dire riguardo ai concetti (espressi anche negli anime destinati a un pubblico comunque giovane) quali famiglie allargate, menarca, sessualità, abbandono, sangue, sacrificio, morte.
Concetti per noi tabù, ma che invece sono normali nelle produzioni nipponiche.
Da noi le opere per ragazzi devono invece essere "per tutti", senza poter turbare nessuno spettatore.





FAN SERVICE E RELAZIONI PERICOLOSE
Vero pure che i giapponesi stessi non sono certo anime sante: se per loro è normalissimo che in un cartone animato si vedano persone ai bagni pubblici, state sicuri che c'è quasi sempre un sottotesto fanservice.
È un cane che si morde la coda, perché loro stessi "usano" certi contesti per creare dinamiche ironiche/erotiche, divertenti o maliziose (Lamù, Ranma, Negima!...).
Come non citare poi tutta la costruzione -di cui sono scespirianamente maestri- dei loro personaggi?
Spesso con ambigue tracce utili a far fantasticare i fan, tra rapporti omoerotici o coppie (im)probabili (vedi Card Captor Sakura, Sailor Moon, Captain Tsubasa, I Cavalieri dello Zodiaco...).
Ciò rende un personaggio sicuramente più interessante e complesso, ma è anche una deriva pericolosa per un mercato come quello italiano.






DELOCALIZZAZIONI

Proprio perché la cultura dominante è (o era?) quella anglofona, ma ancor di più perché il Giappone era culturalmente così lontano e a tratti incomprensibile, le grandi televisioni commerciali hanno operato spesso una delocalizzazione/rilocalizzazione dei prodotti.
Eliminando -spesso in modo quasi ai limiti del razzismo- ogni riferimento alla cultura nipponica (piatti, nomi, ideogrammi, insegne, concetti...), la storia veniva ambientata in città senza nome e senza alcun accenno a qualsivoglia nipponicità; i nomi giapponesi erano arbitrariamente cambiati e brutti fermo immagine coprivano le scritte coi caratteri orientali.






Ma perché tutto questo?
Ovviamente perché, in quell'epoca, il Giappone era visto al massimo come meta esotica e distante; un Paese di robe elettroniche da nerd, pieno di "musi gialli" da confondere coi cinesi, al massimo fotografi dei nostri monumenti.
Vero che tanti anime, prima della Fininvest, passarono tranquillamente senza che fosse operata loro questo tipo di censura de-giapponesizzante; ma adesso si trattava di portare queste opere a un livello più alto di ascolti che non erano più le briciole delle TV private.
Gli anime dovevano diventare prodotti inattaccabili da genitori e comitati, sicuri sotto ogni profilo, affinché tra una puntata e l'altra potessero essere inseriti gli spot.




La cultura giapponese era ostica, i nomi difficili da ricordare e memorizzare (quando non involontariamente comici, vedi Kagato, Katsuya...), l'appiattimento era necessario per avere un pubblico immediatamente ricettivo che non avrebbe cambiato canale: Sabrina (come la Salerno) è più facile rispetto a Madoka; idem Johnny, più facile rispetto a Kyosuke.
O Bunny per Usagi, Marta per Minako, Terence per Tsuyoshi, Sheila per Hitomi e così via.
Lo sanno anche gli stessi giapponesi, che vendono spesso i loro prodotti già con qualche cambiamento in tal senso (è il caso di Luce, Marina e Anemone al posto di Hikaru, Umi e Fuu: vedi QUI) o con nomi più adatti ai mercati occidentali (vedi Utena, licenziato fuori patria come Ursula's Kiss, vedi QUI).





Non è un caso che questa operazione sia terminata proprio quando la cultura giapponese venne sdoganata, anche grazie all'ondata di anime/manga-mania iniziata a fine anni '90.
Card Captor Sakura non omise più nomi e ambientanzioni giapponesi, infatti (anche se vennero operati altri tipi di censura, a testimonianza che il pubblico italiano non era ancora pronto per certe cose: vedi QUI).






E ALLORA LE TV PRIVATE?
Come detto, i canali regionali su cui giravano intonsi tanti cartoon giapponesi, non avevano pretese commerciali così grandi; spesso nemmeno avevano pubblicità rivolte a un target di bambini/ragazzini.
E comunque operazioni di semplificazione culturale sono avvenute anche al di fuori di Fininvest/Mediaset.
Nino il mio amico ninja, o Gigi la trottola: chiaro che non si chiamavano davvero così (manco fossero partenopei). Amuro Ray di Gundam fu cambiato in Peter; in Doreaemon e Dottor Slump tutti i nomi vennero italianizzati (e, sorpresa, proprio la Mediaset ha ridoppiato le serie con un adattamento più fedele, come visto QUI).






ALLE ORIGINI
Considerare la nomi e cultura giapponese troppo "difficile" per un pubblico medio, era un pensiero che fu fatto sin dagli albori, e non solo in Italia.
Prendiamo il caso di Goldrake: Actarus, Venusia, Rigel... non sono certo i nomi veri.
A pagare più di tutti questi cambiamenti fu Koji Kabuto -pilota di Mazinga- che si chiama qui Alcor e altrove Ryo.






E I PRODOTTI AMERICANI?
Siamo quelli che hanno cambiato nome a tantissimi personaggi Disney, semplificandoli: da Mickey Mouse a Topolino, da Donald Duck a (Paolino) Paperino.
Ma è vero che, al di là di qualche ritocco, non c'è mai stato bisogno di operare sui cartoons americani: giudicati a priori "più tranquilli", non hanno doppi sensi, sottotracce maliziose e tra le loro puntate non si generano strane situazioni che potrebbero turbare un bambino.





I cartoons occidentali, almeno fino a una certa epoca, sono lineari, semplici, ritenuti non pericolosi.
In queste opere (spesso tendenti alla commedia) si celebra la vita, non il sacrificio finale (come invece succede negli anime).
Perché il concetto di morte negli anime è crudo, vero, spesso definitivo.
È un concetto filosofico, e se si affrontava la morte nei cartoons occidentali di quei tempi, era un evento sconvolgente ma didattico. A volte terribile (Volpe, tasso e compagnia) a volte usato come lezione di vita (Masters of the Universe, Bravestarr).





Gli anime hanno una diversa visione della morte, perché si rifanno a un concezione diversa della vita.
I cartoon americani del passato celebravano la cultura ottimistica, il lieto fine, un sacrificio ma non a costo di vite umane.
Quelli giapponesi sono culturalmente diversi: non lesinano su sangue e ferite, non si fanno problemi a mostrare scene più tragiche e drammatiche.
È un altro approccio alla vita e alla fruizione dei contenuti di un'opera: sapete che la scena in b/n di Kill Bill Vol. 1, se guardate l'edizione giapponese, è a colori?
Esatto, Tarantino ha utilizzato lo stesso tipo di censura mediasettiana sul sangue, privandolo del suo colore naturale.






Il concetto di morte, la parola stessa, è qualcosa di duro in un anime; ecco perché maldestramente -e in modo veramente patetico- per un periodo non si pronunciava più.
Gli adattatori trovavano ogni sorta di sinonimo pur di evitare "morire", "uccidere", morte" e via dicendo.
Concetti forti, ma ciò non deve stupirci: gli americani sanno che certe cose potrebbero non andare bene; guardate cosa riporta la sceneggiatura del film dei Masters of the Universe:





Esatto, correzioni della produzione: dove c'è scritto che Skeletor dice "kill", a penna, viene scritto chiaramente "no killing, niente morti, niente teste, sostituire con 'eliminate He-Man e i suoi alleati!'"!
Perché nella cultura dominante si deve celebrare la vita, e di riflesso ciò è stato assorbito anche da noi.






MA DAVVERO I CARTOONS NON VENGONO CENSURATI?
I cartoon giapponesi destinati a un pubblico più maturo sono diversi dai cartoon occidentali che si rivolgono allo stesso target.
Da una parte abbiamo storie intriganti, appetibili per chiunque e spendibili eventualmente per ogni fascia; dall'altra, l'animazione americana per adulti è fatta di storie ironiche che sfociano nella satira: non attirerebbero mai un bambino, che nemmeno ne comprenderebbe del tutto il contenuto.
Futurama, I Simpons, I Griffin, South Park e così via, sono classificati e gestiti come "animazione per adulti" (per dire, la categoria è questa anche su Disney Plus).




Tranne rari casi veramente "oltre", non rischiano la multa: nei palinsesti hanno uno slot tutto per loro, che non è quello della "TV dei ragazzi".
Sì, comunque anche I Griffin a pranzo sono censurati, o alcuni loro episodi non vengono trasmessi: li mandano di notte col bollino rosso.
Questi non sono prodotti che, se censurati, sono appetibili per tutti (come invece lo sono gli anime): durante la loro messa in onda, fateci caso, non ci sono spot rivolti ai bambini.
Altri titoli escono direttamente sulle piattaforme streaming, come Big Mouth.





Quindi, sì: anche se è raro, pure i cartoons occidentali vengono censurati o adattati in modo non rispettoso dell'originale.
Niente in confronto a ciò che avveniva con gli anime, certo.
Il problema è anche quello di non incappare in sanzioni da parte degli organi di monitoraggio sulla TV, pronti sempre a segnalare ogni cosa un po' particolare.




CONCLUDENDO...

Se in Italia abbiamo avuto tanti anime e questi hanno avuto tanto successo, è anche perché fino alla fine dei '90 abbiamo operato su di questi operazioni di adattamento (a volte eccessivo fino alla paranoia): pensiamo a Holly e Benji, a cui abbiamo occidentalizzato tutti i nomi (e ciò non avveniva solo nella nostra nazione, anche se spesso c'era sempre lo zampino fininvestiano pure all'estero).
La censura ha permesso, paradossalmente, a molti anime di andare in onda; la semplificazione culturale ha aiutato certe opere a imporsi; le hanno "localizzate" per l'Italia dove, all'epoca, il Giappone era fuori portata.
Ciò non giustifica tagli e cambiamenti, eticamente mai giusti; né giustifica la scelta di nomi assurdi messi al posto degli originali (Nello, Michelone...), quasi a rendere il tutto una parodia.

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40 commenti:

  1. sì, le motivazioni culturali reggono e, oggi, nemmeno mi fanno più arrabbiare come quando le ho scoperte. Ancora oggi ho problemi con alcuni nomi jappi particolarmente complicati, tipo quelli di Holly e Benji (gli originali di Benji e Mark sono simili e spesso mi confondo!), mentre i personaggi di KOR (Madoka al limite si può cambiare in "Madonna!", ma l'ha fatto anche la stessa Akemi Takeda con il suo libro di illustrazioni) o delle serie della Takahashi sono abbastanza univoci (Ranma, Lum/Lamù, Kyoko ecc...) e facili da pronunciare.
    Più che altro sono deluso che non sono stati così lungimiranti da effettuare una doppia incisione già all'epoca, con traccia censurata e integrale, perché non tutte le serie erano brevi o di così interesse da poterle ridoppiare in seguito (per un KOR o una Nadia ci saranno 100 serie distrutte per sempre!)

    Che poi anche i cartoni animati USA vennero massacrati, eh... e non solo dalla Mediaset!

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    1. Infatti, la vera cazzata fu di fabbricare solo la versione censurata, spesso operandi tagli sui master originali senza possibilità di recupero; vero che opere come I Cavalieri dello Zodiaco mancherebbero comunque di qualche scena; pure Lady Oscar manca di due o tre piccole sequenze...
      Fessi alla Mediaset/Fininvest, avrebbero potuto guadagnarci il doppio a lungo raggio, quando poi tutti volevano le serie integrali 🤓🧡💪

      Moz-

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  2. Ottima analisi!
    Sto ancora pensando alla scena di Skeletor che butta un po' di teste tagliate come snack al suo animaletto... ��

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    1. Eheh, meglio che non l'abbiano fatta: stona col personaggio e col tono dei Masters; motivo per cui a me Revelation non è piaciuto molto... sembrava che per giustificarsi di guardare He-Man, i 40 anni odierni debbano dire "sì, c'è sangue, sì, c'è morte, sì c'è dark!" XD

      Moz-

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  3. Bell'articolo.
    In effetti c'è alla base una questione culturale, ma certi adattamenti non li ho mai capiti lo stesso: d'accordo censurare scene violente, nudi, e frasi di morte, ma i nomi andrebbero conservati, fanno parte appunto della cultura da cui tali storie provengono; cioè si acquista il prodotto da trasmettere ma lo si rispetta. Che pubblico mi devi tutelare americanizzando dei nomi che però vivono in case giapponesi, vestono con costumi tipici orientali, mangiano con le bacchette seduti a tavola con le gambe incrociate sul pavimento?

    Discorso violenza: non è che mostrare un animale antropomorfo che prende tante botte e rimedia soltanto cerotti e bernoccoli senza mai morire, è un po' diseducativo per i più piccoli? Che magari ritengono che picchiando un essere più indifeso (cane, gatto, ma anche fratellino) non possa morire o rimediare danni permanenti?

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    1. Infatti anche i Looney Tunes, Tom & Jerry e roba varia hanno avuto le loro critiche (qualcuno si ricorda l'episodio dei Simpson dove Marge fa censurare Grattachecca e Fichetto?) tant'è che i Looney Tunes per un certo periodo non vennero più realizzati mentre di Tom & Jerry venne realizzata una versione innocua (Tom & Jerry Show dove i due sono amici e non picchiano nessuno). Ed estendendo la sfera Marvel e DC rischiarono di chiudere per sempre a causa di uno psicologo farlocco. Per questo venne emanato il Comics Code Authority che finì solo nella seconda metà degli anni 80.

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    2. Gas: thankz!
      La questione dei nomi è pura semplificazione; lo hanno capito i giapponesi stessi, che per il mercato italiano hanno creato le traduzioni di Hikaru, Umi e Fuu scegliendo (con le autrici originali del manga!) Luce, Marina e Anemone (letteralmente il corrispettivo in italiano, diciamo).
      C'è poi da dire che anche se mangiano con bacchette e dormono sul futon, è vero pure che abbiamo operato una de-localizzazione, rendendo l'ambientazione vaga e generica; inoltre, anche tanti anime "moderni" (intendo dalla fine degli anni '80" avevano letti e tavoli all'occidentale...

      Thor: verissimo, infatti pur sapendo che quelle mazzate sono COMICHE, ironiche, assurde, slapstick (non fanno veramente male, come invece fa un pugno in un anime) si pose anche lì il problema...

      Moz-

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  4. Questo pezzo mi è piaciuto davvero tanto. Complimenti per l'analisi.

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  5. Bella analisi, cultura differente è indubbia, ma era naturale che ad un certo punto ci fosse uno sdoganamento della cultura orientale/giapponese, questione di tempo per conoscere ed apprezzare ;)

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    1. Esatto, e infatti quando la cultura giapponese è entrata nella nostra normalità (dal cibo ad altro) ecco che anche gli adattamenti degli anime sono cambiati... 🤓🔥

      Moz-

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  6. Beh anzitutto grazie dell'articolo visto che partiva tutto da una mia curiosità (ovvero perché in Batman o The Mask le pistole andavano bene ma in Yugioh e Beyblade venivano censurate e cose così). Il tuo discorso fila (dal punto di vista pragmatico, cioè l'unico a cui risponderebbe un uomo d'affari o comunque uno del mestiere), permettimi solo un osservazione.
    "Ma è vero che, al di là di qualche ritocco, non c'è mai stato bisogno di operare sui cartoons americani: giudicati a priori "più tranquilli", non hanno doppi sensi, sottotracce maliziose e tra le loro puntate non si generano strane situazioni che potrebbero turbare un bambino."
    E' ironico che dopo questo discorso (per carità, giustissimo) tu abbia postato un immagine degli Animaniacs che sono tutto tranne che un cartone privo di doppi sensi o sottotracce maliziose XD ma questo mi dà l'idea per aprire una parentesi interessante in tema con l'argomento.
    Hai ragione nel dire che i cartoni occidentali in principio erano miti e innocui (appunto He-Man è un esempio perfetto: usava la spada per tutto tranne che per combattere) ma questo cambiò negli anni 90: nel 1989 debuttavano i Simpson e il loro successo strepitoso ormai ben noto fece capire agli americani (e di riflesso agli occidentali) che era possibile usare l'animazione per raccontare storie più... chiamiamole "spinte" e fare comunque successo! Cosa che i giapponesi sapevano da sempre ma vabbè XD Da quel momento, l'animazione occidentale ebbe una svolta, per prima cosa rispolverando i cartoni di un tempo dall'atmosfera più spinta (vi fu il rilancio dei Looney Tunes) e appunto producendo serie che si sprecavano quanto a contenuti atti a strizzare l'occhio a spettatori più grandi (gli Animaniacs, The Mask, Samurai Jack e i cartoni di Cartoon Network in generale come Johnny Bravo, Mucca & Pollo etc) spesso contenendo non solo violenza e riferimenti sessuali più o meno evidenti ma anche satira di costume, riferimenti politici etc. tutte cose che una volta sarebbero stati impensabili. Anche le serie propriamente per bambini cioè atte a vendere giocattoli come Gargoyles o le serie animate dei supereroi (Batman, Superman, Justice League, Spider-Man, gli X-Men etc) avevano un tocco decisamente più "serio" e "adulto", quasi proprio sulla scia degli anime (e infatti per più aspetti si ispirarono proprio al modo orientale di fare cartoni, tant'è che l'animazione era fatta in Asia e non solo per motivi economici). E' anche vero che in generale gli anni 90-fine 80 furono un periodo rivoluzionario per la cultura pop occidentale, Watchmen e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro avevano di fatto messo fine al citato Comics Code Authority, quegli furono gli anni in cui Superman morì e Venom ottenne una testata propria!
    Tutto questo per dire che se a un certo punto le censure scomparvero anche qui in Italia non fu solo per la standardizzazione della cultura anime ma anche perché a un certo punto si superò la fase "puritana" dell'animazione occidentale, anche prendendo ispirazione da quella orientale.
    Certo, come tutte le cose questo ha avuto le sue conseguenze positive e quelle negative. Una conseguenza negativa è che oggi sembra non esserci più spazio per le vie di mezzo ovvero o un prodotto animato è fanciullesco ai limiti del diabete (come quelli che danno su Rai yoyo) oppure dev'essere una cosa da trip tipo Rick & Morty o Garden Wall. Hai citato giustamente MOTU: Revelation dove appunto si cerca di mascherare il fatto che si sta facendo un cartone animato su dei giocattoli infilandoci dentro sangue, morte, sesso etc. Neanche io sono un fan di questo approccio a dir poco.

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    1. Grazie a te!
      Vero: l'animazione americana (ma proprio perché cultura dominante) impose una nuova visione e quindi una nuova moda, un nuovo modo di vedere.
      Ren e Stimpy li ricordi? Mi sa che andarono sulla Rai; Batman TAS su Mediaset... era un nuovo modo ma sempre dettato dagli americani, di per sé detentori della cultura.
      C'è da dire che proprio loro (He-Man e la sua spada: esempio perfetto) decretarono l'autocensura, in passato; erano più furbi.
      I giapponesi, vivendo in un modo isolato (di nome e di fatto), avevano e hanno sempre avuto, tuttora hanno... altri parametri.
      Quel che poteva andare bene da buttare in un canale privato per la syndacation (vedi Euro TV) non può andar bene (discorso da manager) per la Fininvest, che voleva monetizzare il più possibile stando molto bene attenta a non preoccupare nessuno; tanto che spesso si agiva in coppia con gli psicologi.
      Gli anime attirano perché sono più belli, per tanti motivi: tensione narrativa, cliffhanger, regia, trovate sceniche... se li cambi un po' li guardano tutti senza problemi: hanno pensato questo, e il bello è che lo hanno pensato i giapponesi stessi^^

      Moz-

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  7. In Dragon Ball le scene di Goku bambino tutto nudo con il pisellino e il culetto all'infuori le trasmettevano senza problemi, però gli mancavano i testicoli che non gli disegnavano, perché troppi spinti ? XD

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    1. Sai che i giapponesi stessi le hanno tagliate, proprio queste scene che dici, quando hanno creato Dragon Ball KAI?
      Vedi tu come cambia l'approccio, pur di vendere...

      Moz-

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    2. No, no... Quelle scene c'erano, ma hanno censurato il pisello di Goku! 👍🤓

      Moz-

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    3. Una volta avevo varie immagini delle auto-censure di Kai: in pratica quella scena è un ricordo, oppure tratta dallo special su Bardack.
      Comunque c'era la censura sui genitali, così come su tante altre cose (sangue in primis).
      Kai è la versione depotenziata di Z, ma paradossalmente più godibile (niente lungaggini inutili, niente filler fastidiosi...)

      Moz-

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    4. C'è un altro esempio recente: nel (seppur molto ben fatto) remake di Dragon Quest han tagliato la parte dove Leona indossa per una brevissima scena un bikini (senza malizia tra l'altro, la scena non era erotica ma solo atta ad evidenziare l'ingenuità della principessa che lo credeva un abito come gli altri).

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    5. Esatto, rispondo a entrambi: la censura giapponese autocensura i suoi stessi prodotti; la violenza degli anni'70 è un ricordo lontano (Tiger Mask oggi farebbe venire gli incubi ai bambini), vero pure che si sono fatti furbi sia con le fasce orarie (Berserk andava di notte e fu un successo da record), sia con serie depotenziate
      Addirittura togliere il bikini, stanno imparando anche loro a riadattarsi al mondo che corre... 🤔🤔🤔

      Moz-

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    6. Forse progettavano di espatriare anche quella, non lo so.. è anche possibile che il regista dell'opera fosse un "puritano". Non vuol dire che bisogna aspettarsi che diventi regolare, anche perché di anime continuo a vederne tanti e il fanservice non manca quasi mai XD
      "(Tiger Mask oggi farebbe venire gli incubi ai bambini)" < infatti l'ultima serie che han fatto è una pippa in confronto all'originale. Anche se in compenso abbonda di fanservice X4

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    7. Ovviamente le sensibilità cambiano; forse Dai deve puntare in altissimo, TV e merchandising, e quindi evitano queste situazioni...

      Moz-

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  8. C'è così tanto da dire e aggiungere che probabilmente mi perderei per strada, e quindi dico cose a caso qua e là:
    1) "è quasi magia Johnny" era un cartone che adoravo, ed è probabilmente il primo, che ricordi, dove salì alla ribalta la questione censure, forse anche perché ai tempi non trovai le VHS, ma anche perché mi scocciava rivedere da 0 una storia che avevo conosciuto in un modo e guardata da poco, che non ho MAI visto "Capricciosa..." , forse un giorno lo farò, forse.
    2) la questione Koji-Alcoor: ricordo che una 20ina e passa di anni fa, su Super 3 (canale regionale DEFUNTO oramai), o forse quando ancora si chiamava semplicemente T.R.E., trasmisero tutte e 3 le serie, da Mazinga a Goldrake, e mi domandavo "cazzo, ma sti 2 son uguali!?!?", poi vabbè, riviste dell'epoca spiegarono qua e là il tutto.
    3) alla fine il moralismo e bigottismo americano colpiva anche i loro stessi prodotti, che magari in corsa cambiavano qua e là qualcosa, peggiorandolo.
    Ricordiamo come loro trattano gli anime, ed una volta tanto, è stata una bella fortuna aver visto i prodotti qua da noi, quelli non "intaccati" (anche se qualcosa ci arrivò uguale) dalle manacce americane.
    4) ricordiamo come qua in italia hanno stravolte alcune storie, tipo Miyuki o il Voltron preso così com'è dagli americani (anche se è stato trasmesso nella sua prima versione)

    Piccole osservazioni finali, quando vedevi una cosa, e il doppiaggio la chiamava in altro modo, che ti faceva pensare che chi si occupava di doppiaggio considerassero i ragazzini tutti per rinco*lioniti. Io ricordo "Nino il mio amico Ninja", dove mangiarono gli Onigiri e li chiamavano dolcetti (o qualcosa del genere), non è uno degli esempi migliori anzi, c'è letteralmente di peggio, posso capire con gli Onigiri come adattarlo in italiano magari, ma in tanti altri casi...
    Non tutte le localizzazioni le trovavo pessime, anzi, perfino divertenti (tipo appunto Nino, Doraemon e tanti altri prodotti prettamente per i più piccoli), oppure mi è capitato di vedere alcune puntate della nuova serie di Holly e Benji (poi mollata) e avrei preferito molto di più "Muppet e New Team".

    CAIO

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    1. Esatto, oggi c'è un cortocircuito particolare che trattai altrove e su cui non sono tornato nello specifico: i fan e il vintage.
      Praticamente, per assurdo (e per estensione) le stesse persone che 20 e passa anni fa firmavano petizioni per avere nomi originali e sigle giapponesi, oggi sono i 40enni che si riscoprono legati ai doppiaggi storici, alle sigle della D'Avena e ai nomi cambiati.
      Funziona così. Non c'è niente di male.

      Voltron lo abbiamo visto sia americano che giappo (Golion), mentre per fortuna al di là di opere veramente commercialissime (Pokémon, Yu-gi-oh!) la Mediaset è stata brava, dove ha potuto, a prendersi l'originale (Bayblade, per dire, o l'ultima di Yu-gi-oh!) senza tanti rimaneggiamenti americani...

      Moz-

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    2. diciamo che per me il discorso di lasciare il tutto come nell'originale aveva senso già allora, per quanto riguarda Orange Road, funzionava bene anche con i nomi originali.
      Giusto proprio in alcuni casi lascerei i nomi come erano adattati in italiano ma giusto perché uno si era abituato così (o nel mio caso, suonavano meglio).
      Cioè, vuoi mettere Nobita con "Guglielmo Guglielminetti?" :D

      Per quel che mi riguarda, comunque, non "Cristina D'avena" ma il mondo variegato delle sigle tra 80 e 90.

      Non ho firmato cmq quella petizione all'epoca ma l'appoggiavo in pieno allora, come oggi.

      Caio

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    3. Anche io l'appoggiavo, ovviamente per un fatto etico, ma non poteva funzionare: l'unica alternativa era NON trasmetterli proprio, perché nessuna televisione all'epoca (e guarda, probabilmente manco adesso salvo rari casi) punterebbe su fasce orarie variegate per gli anime...
      Era una petizione col cuore di fan, che guardava all'arte, romanticamente... ma la verità purtroppo è un'altra.

      Moz-

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  9. Mah.
    Uno degli anime che ricorderò sempre con più affetto resta Lamù e in tantissimi casi grazie alla "giapponesità" che traspare spessissimo.
    Oggi è quasi normale, tantissimi anime hanno un'ambientazione non "occidentalizzata" (al di là di adattamenti farlocchi) ma allora (all'epoca della prima mssa in onda) era proprio come tuffarsi in un ambiente diverso dal proprio, senza necessariamente andare indietro nel tempo (nelle opere storiche alla Kamui, Sasuke ecc).

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    1. Esatto, ma se Lamù fosse andato in onda per la Fininvest, lo avremmo visto diverso...
      E avrebbe raggiunto tantissimi fan, su ogni fascia: il loro ragionamento era questo.
      Se "semplifichi" e "appiattisci", il nucleo della storia rimane, e puoi raggiungere tutti facendo grande profitto.

      Moz-

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    2. Capisco la base della considerazione ma è impossibile avere una controprova in tal senso.
      Lamù per dirci è diventato comunque un cult e ha rappresentato uno dei cardini del boom dell'"opera nipponica a cartoni" in Italia (più che in occidente), e questo nonostante la trasmissione "limitata" che quindi ha impedito di raggiungere una base teoricamente maggiore di pubblico.

      E' indubbio che le reti rai e fininvest godevano di un parterre maggiore, anche molto, ma alla fine chi veramente era interessato, a meno di problemi di "sintonizzazione", anche grazie al passaparola (che non contava meno dei social odierni) lo veniva a conoscere.


      Il fatto è che fininvest riteneva che l'opera non avesse la priorità davanti al guadagno, e che "adattarla" per portare a maggiori guadagni fosse commercialmente corretto a dispetto dell'etica del rispetto.
      E in questo inevitabilmente erano corresponsabili i detentori dei diritti giapponesi, che non si curavano di questo, o peggio lo condividevano di fronte all'incasso della vendita di quei diritti all'estero, cosa "terribile".
      Sarebbe come concedere che opere artistiche venissero coperte da veli nei punti di nudità durante mostre in paesi dalla mentalità fortemente chiusa di fronte al guadagno degli incassi degli ingressi.

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    3. "Sarebbe come concedere che opere artistiche venissero coperte da veli nei punti di nudità durante mostre in paesi dalla mentalità fortemente chiusa di fronte al guadagno degli incassi degli ingressi."

      Cosa che accade realmente. Quando gli sceicchi e i principi musulmani visitano i musei italiani si coprono le statue per non offendergli.

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    4. E infatti. Tutto era fatto col benestare dei giapponesi, che concedevano o per mera clausola (fregandosene) o addirittura in modo attivo, la possibilità di stravolgere.
      Se non lo facevano già loro a monte (vedi CdZ, Rayearth), pensiamo a Piccoli problemi di cuore, una storia scritta usando il materiale di Marmalade boy: fu fatto ANCHE con gli autori originali, e la versione Mediaset è quella poi venduta in Europa.

      Moz-

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  10. Comunque una scelta mediaset, perché in altri canali privati nomi e ambientazioni originali erano mantenute, tipo il citato caso di "Lamù".
    C'è anche da dire che agli inizi molti anime di tipo mecha o majokko avevano un'ambientazione abbastanza generica, in un luogo la cui "giapponesità" era assai vaga o assente. I cartoons fantascientifici della Tatsunoko tipo "Kyashan" o "Hurricane Polimar" erano ambientati in contesti indefiniti del futuro prossimo, "Judo boy" era addirittura itinerante in località esotiche e improbabili.
    Sono stati gli anime di ambientazione scolastica a mostrare contesti e rituali tipici giapponesi, stranamente quelli "storpiati" erano tutti su mediaset...

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    1. Beh no, come ho scritto, NINO il mio amico ninja o GIGI la trottola (e quindi Anna, Gloria, Salomone, Alan...) non erano certo Mediaset.
      Doraemon idem (Guglia, Giangi...) o Dottor Slump (Pippo, Florinda)... questi due peraltro sono stati ridoppiati fedelmente proprio da Mediaset!
      Ma comunque è proprio questo: per raggiungere il più vasto successo, bisognava appiattire l'opera, per tanti motivi, in primis togliere le cose culturalmente incomprensibili (cibi, nomi, ambientazioni).
      E i risultati parlano chiaro: gli anime così hanno raggiunto un numero vastissimo di spettatori.
      C'è anche da dire che il modus operandi è cambiato continuamente, anche in casa Fininvest: Holly e Benji era ambientato comunque in Giappone, così come Occhi di Gatto, ma i personaggi avevano nomi occidentali; poi le cose sono cambiate via via, tornando alla non-censura.
      Ma non fu prerogativa solo della Mediaset, anche se questa è di certo l'azienda che ha operato sistematicamente in questo modo...

      Moz-

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    2. La tua osservazione è corretta. Però non togliermi il gusto di odiare mediaset :-D
      Peraltro hanno operato questo genere di "aggiustamenti" anche in altri contesti, vedi la "tata" della sitcom trasformata in italo-americana (che non é nella versione originale) o anche facendo diventare "Solfami" il musicante insopportabile che compare a volte nelle storie dei puffi (c'è da dire che in questo caso sono quasi giustificati perché il nome originale Pirlouit in Italia avrebbe generato equivoci a non finire ;-)

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    3. Sì, am anche la Tata era in accordo con gli americani... e non è l'unico caso di personaggi resi "italiani" dove invece l'Italia non c'era (Romeo il gatto Disney? Si chiama Thomas ed è irlandese...).
      Su Solfamì bisognerebbe capire se è stato scelto dalla Fininvest oppure era un adattamento precedente, tipo dei fumetti...

      Moz-

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  11. Fai bene a lanciarmela, sono autoironico io stesso, ma credimi: non sempre dipende da me, magari c'è del materiale che aspetto (anche articoli di giornale ecc...) Non sempre è facile. Fosse per me scriverei articoli così ogni giorno ����
    Thanks, comunque!
    In realtà ho riadattato una cosa che avevo in bozza, io molti post di cui ho delle idee me li preraro anche ANNI prima, mi basta scrivere poche righe, frasi che mi riaccendono il
    Paragrafo intero da trattare ����

    Moz-

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  12. Io devo ancora mandare giù tutte le censure che son state fatte al povero anime di Marmalade Boy, lassa fa. Per me è stato un trauma. Roba che l'occidentalizzazione dei nomi, in confronto, è un atto di generosità.

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    1. Quello è un caso speciale: non si tratta di censure ma di riscrittura partendo dal materiale originale.
      In sostanza, è proprio -volutamente- un'altra storia.
      Se ti interessa approfondire... :
      https://mikimoz.blogspot.com/2018/11/piccoli-problemi-di-cuore-sequel-mediaset.html

      Moz-

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  13. Per anni mi sono detto: "Beh, giusto. L'armatura di Pegasus l'hanno data a Pegasus, mica a Cassio." 😁
    Su TMC all'epoca Ranma 1/2 non era affatto censurato, mi ricordo ancora oggi l'episodio dei bagni pubblici... e andava in onda alle 8 di sera.
    Che poi tutte 'ste preoccupazioni Mediaset non se le pone col circo di mostri che mette in piazza ogni pomeriggio su Canale 5.

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    1. E poi mi è venuto il mente il caso di Che Famiglia questa Family, che adoravo... Solo alle medie una mia compagno mi rivelò che la protagonista (in base al doppiaggio/censura Mediaset) era in realtà un ragazzo gay.

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    2. Qualcosina di Ranma veniva tagliato:
      https://digilander.libero.it/MutenDb/ranma/censura.html
      Mediaset si pone le preoccupazioni in base agli slot: certo fa ridere che appunto ci sia di peggio, ma è il binomio cartoon=bambini la cosa che conta, e in quel momento televisivo non doveva esserci niente che turbasse gli spettatori...

      Vero per Oh! Family, peraltro c'era anche un signore bisex.
      Anche quello lo ridoppierei...

      Moz-

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